Una di maggio by Riccardo Calimani

Una di maggio by Riccardo Calimani

autore:Riccardo Calimani [Calimani, Riccardo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: ebraismo, venezia, storia d'amore, politica, Italo Svevo, Geno Pampaloni, Andrea Zanzotto, Philip Roth, Angela Bianchini, Antonio Quarantotti Gambini, Giorgio Bassani, Israele
ISBN: 9788869349225
editore: Bibliotheka Edizioni
pubblicato: 2024-06-30T22:00:00+00:00


Capitolo 6

Regina Jesurum Friedenberg si svegliò quasi all’alba. Aveva sognato le nozze di sua cugina Ida. Tutti gli invitati erano vestiti con abiti fuori moda, tranne lei e suo marito.

Tenne gli occhi socchiusi. La stanza era silenziosa.

La luce filtrava quasi impercettibilmente, poi più insistente.

I colombi quella mattina tardavano. Non si sentiva tubare.

Si rimboccò le coperte. Ernesto era morto da tempo e anche Ida era morta, vent’anni prima.

Pensò di suonare il campanello per farsi fare una camomilla calda, ma non si mosse. I pensieri presero contorni più definiti.

Le ore e le giornate erano difficili da trascorrere. Le sarebbe piaciuto, e lo aveva pensato varie volte, riordinare tutti i libri accatastati alla rinfusa nei tre grandi stanzoni. A quell’idea subentrò quasi subito un sentimento d’impotenza. Ormai non poteva più fare molto neanche per sé stessa, dovevano aiutarla a pettinarsi, a vestirsi, a cercare i numeri del telefono scritti troppo in piccolo nell’elenco. E i libri? Tutto sarebbe andato distrutto, forse disperso.

Ma le cose da distruggere veramente le voleva distruggere lei stessa.

Così Regina Jesurum Friedenberg passava molte ore della giornata. Apriva cassetti che si lasciavano frugare con una certa difficoltà e poi non si richiudevano più, né si piegavano ad alcuno sforzo.

I mucchietti di lettere erano ordinati, legati con dei nastri. La loro lettura si presentava difficile, la calligrafia sottile confondeva la vista. Carpire a quelle carte piene di macchie qualche parola, qualche immagine, qualche ricordo sembrava quasi impossibile. Alcune le conosceva a memoria, tante volte le aveva lettere e rilette nel corso degli anni.

Le lettere finivano in piccoli pezzi e poi venivano bruciate perché neanche un cestino di carta straccia lasciasse trapelare.

Il sole entrava come una fessura luminosa tra le persiane socchiuse.

Il Lido di Venezia, oggi quartiere residenziale e spiaggia fiacca ma alla moda, circa seicento anni fa era solo una striscia di sabbia che separava la laguna veneta dall’alto Adriatico. Qui, in località San Nicolò, nel 1386, secondo la memoria il 25 settembre, fu concesso agli ebrei per la prima volta un luogo per seppellire i morti, con atto del Magistrato del Piovego. Fu poi concesso loro di recintare la zona con una palizzata propter enormia quaefiebant ad corpora Judeorum. Il gruppo ebraico costituito in kehillà doveva infatti provvedere ai suoi servizi, primo fra tutti un’onorevole sepoltura ai defunti. Veniva così realizzata l’antica prescrizione biblica «...affinché tu torni alla terra dalla quale fosti preso poiché polvere sei e polvere ritornerai» (Genesi 3,19).

Al cimitero, beth moed lechol chai (luogo ove conviene ogni mortale), si stava dirigendo con passo lento in quella tiepida mattina di maggio anche Regina Jesurum Friedenberg.

«Mi lasci qui», aveva detto al tassista, proprio per poter percorrere a piedi la distanza che separa la strada rivolta alla laguna dall’entrata del cimitero, una massiccia costruzione di mattoni monoblocco, in stile liberty, con un ampio arco e una cancellata in ferro. All’interno il Gan Jeudim, Hortus Judeorum, secondo le definizioni dei libri. Anche Ernesto lo chiamava così.

Regina lo aveva davanti agli occhi. I capelli ormai bianchissimi, sulla testa la papalina nera che



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